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Wash trading di NFT. Così le organizzazioni criminali riciclano online il denaro sporco

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Wash trading di NFT. Così le organizzazioni criminali riciclano online il denaro sporco

A cura di Giuseppe Miceli

Da alcuni anni, con gli occhiali di chi da sempre si occupa di Antiriciclaggio, osservo il mondo dell’Arte e guardo con preoccupazione quei meccanismi di riciclaggio che lo deturpano.

Organizzazioni criminali, truffatori e ladri, con la partecipazione – più o meno consapevole – dei professionisti e degli operatori esperti del settore, con i quali innescano una serie di rapporti criminali.

In molti casi, infatti, i meccanismi di riciclaggio necessitano del coinvolgimento degli operatori del settore. L’Osservatorio Italia Antiriciclaggio per l’Arte ha analizzato  i risultati di alcune attività di indagine in materia di Antiriciclaggio ed è emerso che, in alcuni casi, gli operatori del settore in fase di vendita riuscivano – in maniera artificiosa – ad aumentare il livello di quotazione di opere, frutto dell’attività creativa di certi artisti (il più delle volte poco noti se non sconosciuti) consentendo così ai gruppi criminali di poter agevolmente acquistare e rivendere – a prezzi che nel frattempo erano diventati notevolmente più alti – le stesse opere, salvo poi veder precipitare le quotazioni di quell’ignaro artista una volta che il piano di riciclaggio avesse generato gli effetti voluti.

Le opere d’arte vengono acquistate dai riciclatori con “denaro sporco” per poi essere subito rivendute all’asta con l’obiettivo di incassare “denaro pulito” sotto forma di assegno o bonifico e poco importa che l’ammontare di tale vendita sia inferiore a quanto era stato speso per acquistare la stessa opera; quella discrepanza non sarà certo una perdita ma, tuttalpiù, il costo delle “commissioni” sopportato dal riciclatore per ottenere il “lavaggio del denaro sporco”.

Significativo è il caso di Peter Doig, che nel 2013 aveva un prezzo medio attorno a $500.000 e oggi (2020) di $2 Mln o di Adrian Ghenie, balzato da $89.000 a circa $600.000 dell’ultimo biennio.

Si tratta di una strategia di riciclaggio che trova supporto nella tendenza del grande collezionismo ad acquistare lavori di riconosciuta qualità anche se appartenenti ad artisti meno noti, piuttosto che acquistare opere di qualità inferiore con firma blasonata e a prezzi ben più elevati.

Nel corso dell’ultimo lustro, è cresciuto il numero di investitori interessati al mercato dell’arte, come pure, è aumentato il livello di attenzione sull’investimento in beni da collezione come possibilità per diversificare il portafoglio. Consapevoli di tale trend, le case d’asta sono costantemente impegnate a ricercare nuovi ed emergenti artisti, proprio per intercettare la domanda di novità che viene dalla parte più ampia dei collezionisti.

Analoghe dinamiche sono quelle che stanno caratterizzano il mercato dei Non Fungible Token (i famigerati NFT) che si sta dimostrando essere un mercato a elevata – quanto preoccupante – vitalità (quasi mai intriso di un significato artistico-creativo).

I cosiddetti NFT vengono scambiati da venditore ad acquirente, direttamente su piattaforme online dedicate a questo schizofrenico mercato, senza che ci sia bisogno di un occhio esperto (che, obiettivamente, sarebbe sprecato) e vigile sul rispetto delle regole (men che meno di quelle fiscali e tributarie).

Su molte di queste piattaforme online si consumano quotidianamente operazioni di truffa, segnatamente il cosiddetto wash trading.

Si tratta di una vera e propria manipolazione del mercato, in cui venditore e acquirente sono la stessa persona. Viene simulata la vendita di un NFT, da parte dello stesso soggetto che propone la vendita e simula l’acquisto, facendo ricorso all’utilizzo di più portafogli digitali. In pratica dal conto alfa viene trasferito un importo verso il conto beta, tuttavia, entrambi i conti fanno capo allo stesso soggetto.  Ripetendo tale operazione e assicurando un adeguato incremento di vendita e di acquisto ad ogni vendita (simulata) si finisce per convincere il malcapitato (?) acquirente che quel NFT abbia acquisito un considerevole valore di mercato e, pertanto, sarebbe da idioti non approfittarne e acquistarlo.

Avete capito bene: si tratta della prestidigitazione. Se vi è tornata in mente la scena del film Febbre da cavallo del grande regista Zeno, quella della stazione e del gioco delle tre carte, in cui persino il mitico Mandrake viene raggirato dalla banda di furfanti, ebbene, siete sulla strada giusta.

Il wash trading non è affatto un fenomeno nuovo, bensì una tecnica che continua ad applicarsi a nuove esche, come nel caso dei Non Fungible Token.

Così come pure, sempre gli stessi sono quegli alletterati che abboccano: molta avidità e poco cervello.

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