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Antiriciclaggio a tutela dell’arte. Verso un progetto per la tracciabilità delle opere

Articolo-Miceli
Antiriciclaggio e ComplianceNews

Antiriciclaggio a tutela dell’arte. Verso un progetto per la tracciabilità delle opere

A cura di Giuseppe Miceli

Creatività e innovazione sono due concetti molto differenti uno dall’altro ma che, da sempre, si rincorrono, trovando molte aree di convergenza, tanto da indurre qualcuno – meno attento o forse meno sensibile – a confonderli.
Da alcuni anni osservo il mondo dell’arte e guardo con preoccupazione a come l’innovazione digitale che trova espressione negli intangible–asset – in alcuni casi –rischia di asfissiare la creatività inquinando il mercato dell’Arte.
L’avvento delle cosiddette criptovalute ha segnato l’inizio di un processo di decentralizzazione, rispetto al controllo delle autorità finanziarie e bancarie, così come quello della cripto–art rischia di generare la disintermediazione, escludendo
dal mercato dell’arte le Gallerie e i Mercanti d’arte. I cosiddetti NFT vengono scambiati da venditore ad acquirente, direttamente su piattaforme online dedicate a questo schizofrenico mercato, senza che ci sia bisogno
di un occhio esperto (che, obiettivamente, sarebbe sprecato) e senza alcun genere di consulenza (men che meno fiscale o tributaria).
La mancanza di un intervento di regolamentazione ha già portato alla deriva più totale: il processo di smaterializzazione è ormai perfetto e la disintermediazione nel mercato è ormai totale. L’opera d’arte è, addirittura, invisibile e viene battuta all’asta, persino, ad alcune decine di migliaia di euro.
Nel frattempo, di nuove regole nemmeno l’ombra! Allora, da estimatore dell’Arte e da giurista che per circa cinque lustri ha rivestito la qualifica di agente di polizia tributaria, al servizio dei Reparti speciali del Corpo della Guardia di Finanza, non posso fare a meno di interrogarmi, almeno sulla corretta applicazione delle norme vigenti. Ecco quindi che l’interrogativo che mi pongo è se la vendita di un’opera invisibile non rischi di configurare la fattispecie di illecito prevista e sanzionata dall’art. 8 del D.Lgs. 74/2000. In altre parole, mi chiedo se la vendita di un’opera d’arte invisibile non configuri un’operazione inesistente e, quindi, se il documento di fattura emesso debba considerarsi falso, il che –eventualmente – dovrà generare le conseguenze sanzionatorie sancite dal Legislatore tributario, oltre che ricadute in termini di riciclaggio.

Un allarme che, personalmente, avevo lanciato già alcuni anni fa e che ho ribadito anche dal palcoscenico del Teatro dell’Ariston di Sanremo, in occasione del World Protection Forum™ (WPF), voluto da Genséric Cantournet e Angela Pietrantoni, fondatori di KELONY®, la prima Agenzia di Risk–Rating al mondo.
In qualità di Official Speaker del più importante summit mondiale dedicato alla protezione dell’essere umano in ogni suo aspetto, ho ribadito anche la necessità e l’urgenza di dare concreta applicazione al mio progetto di tracciabilità delle opere
d’arte per poter, finalmente, valorizzare e tutelare il patrimonio artistico e culturale che appartiene a tutti noi.
Se fossi un esperto del mondo dell’arte mi spingerei in una valutazione critica che risulterebbe comunque banale ma, siccome, sono invece un giurista esperto del diritto tributario e della legislazione Antiriciclaggio, mi limito più semplicemente a interrogarmi sull’ipotesi che tale condotta non possa – eventualmente – configurare la fattispecie di cui all’art. 8 del D.Lgs. 74/2000, ovvero il reato di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti con conseguenti profili di riciclaggio.

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